Ho scelto il clarinetto.

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The reason why, come è cominciata questa storia.

Shardana.

È la mia prima creazione discografica. È quella meta distantissima, davvero incredibile, a cui pensi non arriverai mai. Dopo mille sacrifici arriva, lì, nelle tue mani. Ad un anno e mezzo dall’uscita ho il desiderio di buttare giù due righe del perché scrivo musica e di come il jazz è diventato il mio mondo, la mia lingua, il pensiero che più mi rappresenta – si comincia.

8 anni, Natale 1994. Volevo da tempo un libro illustrato che avevo adocchiato nella bottega di paese. Avrei voluto perdermi nei mondi disegnati e nelle storie che raccontava. Ma la sorpresa fu ben più grande. Un clarinetto, chiuso nella sua custodia in legno marrone. Era un clarinetto professionale (Buffet Rc) usato. È stato mio padre, l’aveva trovato da un privato quasi per caso. Inconsapevolmente mi stava cambiando il destino. Me lo fece trovare sotto l’albero di Natale.

La banda di paese, a Mogoro, in Alta Marmilla. È proprio lì che ho iniziato lo studio del clarinetto, nella banda del mio paese, a pochi km da Oristano nella pancia della mia Sardegna. La banda è uno di quei luoghi dove si vive la musica in tutte le sue sfaccettature, si creano legami e si entra divertendosi nel mondo sonoro tra marce e divertissement.
Con il clarinetto è una storia d’amore, di un legame che cresce. È prima amore giovanile irruento, condiviso con i componenti della banda. Poi cresce, alla banda si aggiunge il conservatorio, il rapporto si fa più intimo ed intenso, maturo. Cresciamo insieme ed imparo ad averci a che fare ogni giorno. Quello che mi sconvolgeva era come uno strumento così scuro di legno e metallo, con i suoi fori e una moltitudine di chiavi sconosciute potesse creare tanta morbidezza, quella leggerezza e drammaticità solamente sfiorato da mani esperte.

La banda di Mogoro, 1998
La banda di Mogoro, 2003

Mio padre è il mio Virgilio, è sua la colpa e del suo infinito entusiasmo che mi portano ancora a bocca aperta, davanti a  quella porta incorniciata  da colonne di marmo bianco al Conservatorio. A Cagliari studio musica classica sotto la guida di Alessandro Travaglini che mi trasmette una passione infinita, obbligandomi a farmi delle domande. Come si crea? Come si fa? Qual è il processo? È la curiosità il motore che muove tutto. Anni fondamentali che  trasformano la curiosità in desiderio di imparare a suonare in diversi stili e musiche.
2013, il mio insegnante viene trasferito a Rovigo e decido di seguirlo. Volevo continuare la mia crescita musicale con il Biennio di Clarinetto, concentrato sulla musica del Novecento. Così imprevedibile e sorprendente. 

Come si crea? Come si fa? Qual è il processo? È la curiosità il motore che muove tutto. Anni fondamentali che  trasformano la curiosità in desiderio di imparare a suonare in diversi stili e musiche

Certo, il jazz mi era capitato di ascoltarlo.

Time Out. The Dave Brubeck Quartet

Time Out del The Dave Brubeck Quartet, dove oltre il celebre Take Five mi segnò particolarmente la versione live con il clarinetto del brano Koto Song. Fu uno dei primi dischi che riuscii veramente ad intuire. Ciò che mi affascinò maggiormente, fu notare come all’interno di questo brano comparissero colori, suoni e armonie appartenenti al mondo della musica classica. Da qui la ricerca verso nuovi stili, un’occhiata alla world music e l’elettronica che si imponeva.

Cercavo qualcosa che mi calzasse a pennello, volevo farmi un vestito su misura, tutto mio. È in quel momento che decisi di iscrivermi a composizione per cercare delle risposte alle mie domande. Poco dopo mi ritrovai a suonare “Hot” di Franco Donatoni affianco a Marco Tamburini, il quale mi stimolò a intraprendere gli studi del jazz.

È semplice intuire come sia un genere che ti prende, dove l’interplay ovvero il dialogo e l’incontro tra musicisti permette uno scambio sociale e culturale molto intenso, ogni volta unico e irripetibile. Una delle esperienze più significative in tal senso è avvenuta al Festival Internazionale Isole Che Parlano 2016. Mi ritrovai a suonare faccia a faccia con la sassofonista baritonista finlandese Linda Fredriksson. Non c’eravamo mai incontrate prima. Il primo sguardo che ci siamo date è stato quando abbiamo cominciato a suonare davanti al pubblico. Dieci minuti che farò fatica a dimenticare.

È vero mi sono dilungata davvero troppo.
Ci si vede tra un mese: cosa bolle in pentola, sogni che iniziano a prendere forma e quelli che son fermi lì e rimangono tali.